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È purtroppo arrivata la condanna per Shakiro e Patricia, due giovani donne trans che godono tra l’altro di grande popolarità sui social camerunensi e che sono state arrestate arrestate tre mesi fa, lo scorso 8 febbraio, mentre sedevano in un ristorante nella città di Douala, in Camerun. Le accuse mosse nei confronti delle due ragazze sono di oltraggio al pudore, mancato possesso di validi documenti di riconoscimento e violazione dell’articolo 347-1 del codice penale camerunense, cioè l’articolo che, di fatto, considera la l’omosessualità un reato punibile con multe salatissime e pene che vanno dai 6 mesi fino a 5 anni di carcere.

5 anni di carcere

E sono proprio cinque gli anni che Shakiro e Patricia dovranno purtroppo passare in galera, pena a cui si aggiunge anche una sanzione pecuniaria di 200mila franchi CFA (circa 370 dollari). Una vera e propria ingiustizia, che si somma a quelle che le due donne hanno già dovuto subire a partire dal giorno del loro arresto.

Portate in questura dagli agenti responsabili del fermo, le due ragazze sono state infatti interrogate senza la presenza di un avvocato difensore e sono state condotte in un carcere maschile dove le loro condizioni si sono ulteriormente aggravate: secondo le testimonianze dei pochissimi attivisti che hanno potuto far loro visita in questi mesi, le due donne hanno dovuto sopportare molestie, insulti, pestaggi e continue minacce di morte sia dai gendarmi che dagli altri detenuti, e hanno anche dovuto firmare dei documenti senza dare il loro consenso.

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Sono in molt@ a credere che la sentenza del tribunale di Doula sia a dir poco insensata: la legge a cui si sono appellati i giudici non ha infatti niente a che vedere con l’arresto di Patricia e Shakiro. In Camerun non è illegale essere omosessuali, semmai a non essere consentito è l’atto sessuale con una persona dello stesso sesso. Ripercorrendo la vicenda che ha visto loro malgrado coinvolte le due donne, non è difficile capire quanto le accuse e la condanna del tribunale siano palesemente ingiuste e falsate.

A pensarla in questo modo è Alice Nkom, un’avvocata camerunense molto nota per il suo impegno in favore dei diritti LGBTQIA (lesbiche, gay, bisessuali, trans, queer, intersex e asessuali) e per sua battaglia per la decriminalizzazione dell’omosessualità in Camerun. Secondo Nkom, quella formulata dai giudici di Doula è prima di tutto “una sentenza politica” che esprime un messaggio tanto chiaro quanto terribile: in Camerun le minoranze sessuali non sono benvenute. “Se sei omosessuale, consideratə tale o sospettatə di esserlo, non ti daranno un posto nella società” ha sottolineato amaramente l’avvocata.

Silenzio e paura

Nessun commento è invece arrivato dal portavoce del governo centrale, che nonostante le richieste non ha fornito alcuna spiegazione in merito alla condanna delle due ragazze. A parlare, con la voce carica di tristezza e sgomento, è invece una giovane donna transgender di Doula, che in una testimonianza anonima ha affermato di temere profondamente per la sua incolumità e per la sua vita. “Ho paura: dicono che arresteranno tutte le persone trans” ha spiegato la ragazza, visibilmente terrorizzata. Il suo pensiero, dice, va sempre a Shakiro e Patricia: “Vorrei andare a trovarle in prigione, ma ho paura perché potrebbero dire che sono loro complice“.

Meglio restare ben nascostə, dunque, e sperare che prima o poi la terribile ondata di violenze che nell’ultimo anno ha sconvolto le vite della comunità LGBTIA camerunense finalmente si plachi.

Nicole Zaramella e Ginevra Campaini
©2021 Il Grande Colibrì
immagini: elaborazione da Matthew Henry (CC0) / Il Grande Colibrì

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