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Dal 2016 sono tempi piuttosto deprimenti per chi, come me, è un progressista che crede nell’avanzata dei diritti umani nel mondo: voto dopo voto, le cose non vanno come vorremmo.

Ci siamo dovuti abituare, nostro malgrado, a un’amara delusione, dal giro di vite sui diritti LGBTQIA (lesbiche, gay, bisessuali, trans, quel, intersex e asessuali) da parte dell’estrema destra brasiliana, il cui nuovo leader Jair Bolsonaro si definisce un “omofobo orgoglioso”, agli attacchi contro la Corte suprema polacca per aver servito “l’ideologia degli attivisti omosessuali”. E più recentemente è toccato a Taiwan produrre turbamento e angoscia, con la devastante sconfitta dell’uguaglianza al referendum sul matrimonio egualitario successivo alla sentenza che aveva chiesto di introdurre le nozze tra persone dello stesso sesso.

Tutti questi voti hanno un elemento che li unisce: le fake news su Facebook.

Fake news taiwanesi

A Taiwan il voto stesso è stato organizzato da gruppi cristiani che raggruppano appena il 5% della popolazione del paese. Ormai è chiaro che la tattica delle campagne online, alimentate e finanziate da organizzazioni cristiane e cinesi, è stata di diffondere notizie false nei social network taiwanesi. Lo scopo, a quanto sembra, era di confondere e convincere le persone prima del voto sul matrimonio ugualitario.

Queste fake news descrivevano le persone LGBTQIA come pervertite e sostenevano che il sistema sanitario pubblico taiwanese sarebbe crollato sotto il peso degli omosessuali HIV-positivi stranieri che avrebbero sposato gli uomini taiwanesi per accedere alle cure per l’HIV/AIDS.

Sempre più piccoli

Questo tipo di tattiche della paura non è certo una novità nelle elezioni politiche, ma, come si è visto ripetutamente nel corso di tutte le votazioni pubbliche recenti, sembra che elezioni e referendum si vincano lì dove il pubblico è più connesso: i social media. Christopher Wylie, gola profonda di Cambridge Analytica, ha dichiarato che l’ormai defunta società di consulenza politica avrebbe utilizzato persino i dati di Facebook sulle preferenze in fatto di moda per incoraggiare le persone a votare Donald Trump alle elezioni del 2016 negli Stati Uniti.

Solo pochi mesi fa i pericoli delle fake news su Facebook ci sono stati ricordati da una nuova ricerca che suggerisce che le pubblicità su questa piattaforma hanno scatenato attacchi contro i rifugiati in Germania.

Il cuore del problema è che, attraverso i suoi algoritmi, Facebook ci allontana dalle voci che permettono il dialogo e dalle figure autorevoli e ci chiude, invece, in gruppi sempre più piccoli di persone che la pensano allo stesso modo, incoraggiandoci a consumare contenuti che coinvolgono le nostre emozioni primarie.

Proteggere i diritti

Alla luce di questo, la decisione di Taiwan di sottoporre il matrimonio ugualitario al voto può essere considerata un errore: anche se in alcuni casi questo tipo di votazioni portano a una vittoria, come in Irlanda o in Australia, oggi il rischio è troppo grande. In un’epoca di fake news e social media senza regole, i diritti umani, per quanto possibile, non dovrebbero essere sottoposti al voto pubblico. Le bugie e la disinformazione, che prima caratterizzavano solo alcune frange del discorso politico, ormai arrivano facilmente al suo centro.

È risaputo che qualsiasi organizzazione oggi può aprire un account Facebook e iniziare a prendere di mira gli individui in base al salario, alla professione, agli interessi, al luogo in cui si trovano o a qualsiasi combinazione tra questi elementi.

Ma troppe organizzazioni reazionarie, che non vorrebbero altro che la cancellazione dei diritti acquisiti, non hanno assolutamente dubbi nell’abusare (più che nell’usare) le tecniche di profilazione sociale permesse dall’intelligenza artificiale. Sembrano felici di mentire, di imbrogliare e di disinformare per ottenere quello che vogliono, ponendosi come una vera e propria minaccia ai cambiamenti in corso in tutto il mondo verso la parità dei diritti e l’uguaglianza.

Empatia impossibile

Durante la campagna Out4Marriage, che ho contribuito a creare nel 2013 per sostenere il cambiamento legislativo per consentire alle coppie dello stesso sesso di sposarsi, non esisteva una profilazione digitale così dettagliata come oggi. Abbiamo vinto la campagna grazie al potere di uno storytelling progressista, raccontando in modo positivo la storia delle persone e permettendo a celebrità, parlamentari e persone comune di creare i propri brevi video e di pubblicarli online spiegando perché stavamo “facendo coming out per il matrimonio“.

Le campagne per il matrimonio ugualitario si vincono come ogni campagna di lotta per i diritti umani: con l’empatia, con la comprensione e con la connessione emotiva, rendendosi visibili soprattutto a chi che non è d’accordo e ha bisogno di essere convinto.

Ma veniamo al 2019: usare Facebook per raggiungere un pubblico che non è d’accordo con la tua opinione è quasi impossibile. Immaginate cosa si può fare ora se aggiungiamo il potere della personalizzazione sui social media, se adattiamo i messaggi alle ambizioni, alle aspirazioni e ai desideri di qualcuno.

Effetti reali

Sulla questione dei diritti degli omosessuali c’è ancora molto lavoro da fare. Il matrimonio ugualitario è ancora l’eccezione nel mondo. E non dimentichiamo che essere omosessuali è ancora illegale in 70 paesi. In 10 di questi paesi la punizione è la morte. E in molti casi non solo i progressi si sono fermati, ma si sta andando indietro. Gli attivisti si vedono l’erba tagliata sotto i piedi.

È tempo che le aziende come Facebook aumentino e diano una mano alla comunità LGBTQIA. In primo luogo, devono iniziare a prendere sul serio la disinformazione. Come dimostra la lotta per la parità dei diritti, le fake news che inquinano la piattaforma hanno un impatto reale, dalle migliaia di omosessuali che non saranno in grado di sposarsi a Taiwan alle persone lesbiche, gay o trans attaccate in posti come il Brasile per colpa dei post che su Facebook demonizzano e diffamano la loro identità.

L’algoritmo è il nemico

Queste aziende devono cambiare i loro algoritmi onnipotenti. Gli attivisti come potranno coinvolgere e far cambiare opinione a chi non è d’accordo con i diritti LGBTQIA se queste persone sono bloccate in una camera dove possono sentire solo la propria eco e non sono mai esposte a punti di vista differenti? Senza dei social media che ci facciano confrontare in modo proattivo con tutti i diversi atteggiamenti e punti di vista, non saremo in grado di vedere le opinioni che abbiamo bisogno di cambiare.

Questo cambiamento richiederà una grande revisione dei modelli di profitto dei social media, che però devono assumersi la responsabilità per il danno che hanno causato e riconoscere la realtà: queste notizie false si rivolgono in modo sproporzionato contro le persone LGBTQIA. Considerata l’efficacia della tattica di mobilitazione dell’estrema destra nelle recenti elezioni, possiamo aspettarci di più nel prossimo futuro. Facebook può essere una nuvola oscura all’orizzonte o un raggio di luce. Nel 2019 deve scegliere cosa vuole essere.

Mike Buonaiuto per The Independent
direttore di Shape History e cofondatore di Out4Marriage
traduzione di Pier Cesare Notaro
©2019 The Independent – Il Grande Colibrì
foto: elaborazione da Guillaume Paumier (CC BY 2.0) – Il Grande Colibrì

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