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La minoranza cattolica marocchina chiede un riconoscimento dallo stato e dal re del Marocco per praticare liberamente la propria religione, andare in chiesa e pregare senza essere giudicata o condannata. Si tratta a volte di cittadine e cittadini marocchini convertiti dalla religione islamica a quella cristiana, mentre in altri casi sono famiglie cristiane da generazioni che, per motivi politici e sociali, sono rimaste emarginate e nascoste come fantasmi, tanto che ancora adesso molti marocchini musulmani non sanno dell’esistenza di connazionali cristiani.

Se molti marocchini musulmani riconoscono la minoranza cristiana, considerandola come propri fratelli e sorelle, e vorrebbero che in Marocco ogni persona fosse libera di praticare qualsiasi religione liberamente, tanto la maggioranza degli abitanti quanto lo stato riconoscono solo la minoranza ebraica, che vive in Marocco da secoli, praticando la propria religione senza ostacoli. Se tanti ebrei marocchini sono andati a vivere in Israele (stato che Rabat ha riconosciuto nel 2020), molti altri sono rimasti in Marocco.

Il paradosso è che i cristiani stranieri che si trovano in Marocco per qualsiasi motivo (studio, lavoro, turismo…) possono praticare la loro religione, pregare e andare in chiesa con la massima libertà e tranquillità, mentre i marocchini di fede cristiana sono discriminati e non possono fare niente di tutto questo. Lo stesso re del Marocco, Muhammad VI, ha precisato, durante una visita di papa Francesco, di essere il garante della “protezione degli ebrei marocchini e dei cristiani stranieri che vivono in Marocco“. Non c’è nessun riconoscimento per una persona marocchina che sceglie di praticare una religione diversa dall’islam e dall’ebraismo.

Europa a occhi chiusi

Alcuni marocchini cristiani hanno cercato di scappare dal Marocco, perché si sentono minacciati, per sfuggire ai pregiudizi della società del proprio paese e per poter praticare la propria religione liberamente. Per tutto questo sono andati in Europa e hanno chiesto asilo, ma gli stati europei di solito hanno deciso di non accoglierli, rigettando la loro domanda di protezione internazionale e negandogli lo status di rifugiati.

Agli occhi dell’Europa il Marocco sembra uno stato liberale e moderno, che garantisce i diritti e le libertà dei suoi cittadini. Addirittura l’Italia ha inserito il Marocco nella lista dei “paesi sicuri”, come se fosse uno stato tranquillo e sicuro per tutti. Con un decreto firmato da Di Maio e Lamorgese, il governo ha rifiutato di riconoscere le discriminazioni subite dalla minoranza cristiana, che però in Marocco non può praticare la propria fede senza essere giudicata e condannata! Nello stesso decreto, il governo ha deciso di non riconoscere le discriminazioni che subiscono le persone LGBTQIA (lesbiche, gay, bisessuali, trans, queer, intersex e asessuali), nonostante il fatto che rischino una condanna a tre anni di carcere.

uomo arabo giacca cravattaConversioni vietate

Ma com’è nata la discriminazione nei confronti dei marocchini cristiani? Prima della conquista degli arabi musulmani, nel Maghreb (la regione che corrisponde agli attuali Marocco, Algeria e Tunisia) le religioni più diffuse erano il cristianesimo e l’ebraismo, praticate dal popolo amazigh (i cosiddetti “berberi”). Gli amazigh conquistati nel corso del tempo si sono convertiti all’islam, costruendo una società musulmana unita con gli arabi.

Ma dopo l’epoca coloniale e con l’indipendenza del Marocco, il regno ha adottato come lingua ufficiale l’arabo e come religione ufficiale l’islam, emarginando così gli amazigh, che parlavano la lingua berbera, diversa dall’arabo, e che a volte praticavano ancora il cristianesimo come i loro più antichi avi. Per inserirsi nella nuova società marocchina gli amazigh hanno dovuto imparare l’arabo e convertirsi all’islam, o fingere di farlo.

Inoltre l’articolo 220 del codice penale marocchino punisce con il carcere fino a tre anni “chiunque utilizzi mezzi seduttivi allo scopo di minare la fede di un musulmano o di convertirlo a un’altra religione, sia sfruttando la sua debolezza o le sue necessità, sia utilizzando per questi scopi scuole, ospedali, asili o orfanotrofi“. Al di là del testo legislativo, non è garantita per nulla la libertà dei marocchini musulmani, siano essi arabi o amazigh, di cambiare religione.

Marocchino e cristiano

A capire meglio la situazione ci aiuta una puntata di “Fi qafs al-aitiham” (Sul banco degli imputati), un programma online in cui il giornalista marocchino Redouane Ramdani ospita personaggi famosi o persone comuni che però fanno scandalo in Marocco, come per esempio le persone LGBTQIA. Il programma ha come obiettivo quello di attirare l’attenzione del pubblico su tematiche “scomode” e nascoste e di svelare l’ipocrisia e l’incoerenza della società marocchina, anche se il giornalista impersona i pregiudizi dell’opinione pubblica, punta il dito contro i suoi ospiti e li critica, a volte anche in modo offensivo.

In questo episodio l’ospite è un uomo marocchino cristiano di Casablanca, che non vuole nominare il cognome della sua famiglia. Il giornalista chiede all’ospite, che è celibe, se ha intenzione di sposarsi con una donna musulmana o cristiana e lui risponde che vorrebbe sposarsi con una cristiana, ma il problema è che in Marocco non esiste il matrimonio civile e, avendo la cittadinanza marocchina, non potrebbe sposarsi in chiesa. Per questo sarebbe costretto a sposarsi con un matrimonio islamico, seguendo le norme stabilite per le coppie musulmane.

L’uomo spiega che la sua famiglia è musulmana e che lui ha scelto di convertirsi al cristianesimo di propria volontà dopo aver confrontato, con lunghe ricerche e studi, diverse religioni. Aggiunge anche che la religione, come la lingua, è acquisita: non ha scelto lui di nascere in una famiglia musulmana. La sua famiglia lo ha cresciuto come musulmano e lui ha praticato la preghiera e il ramadan, ma quando è diventato adulto ha scelto la religione cristiana.

Pregiudizi anti-cristiani

Il giornalista critica il fatto che il figlio di un imam si sia convertito al cristianesimo, dicendo che è una cosa inaccettabile e che il suo ospite deve aver perso la strada della ragione. Per questo gli chiede se qualcuno gli ha fatto il lavaggio del cervello o gli ha offerto dei soldi per convertirsi. L’uomo nega tutto. Il giornalista torna alla carica: si è forse convertito per chiedere la cittadinanza in un altro paese, dichiarando che il Marocco è un paese repressivo? L’ospite risponde che lavora e prende uno stipendio. Aggiunge che ci sono tante persone marocchine di fede cristiana, che occupano tanti posti nella società… e magari c’è anche un ministro cristiano!

Il giornalista, dopo un’intervista piena di pregiudizi e accuse che purtroppo rispecchiano l’opinione di buona parte della società marocchina, conclude ironicamente che la gente non sta bene psicologicamente: per questo qualcuno sceglie di convertirsi al cristianesimo per trovare serenità e tranquillità.

H.M.
©2021 Il Grande Colibrì
immagini: elaborazioni da niculescumihaic (CC0) / da Nicole De Khors (CC0)

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