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In Kenya, paese in cui l’omosessualità è un crimine punito con il carcere, il vescovo che presiede la Pentecostal Evangelistic Fellowship of Africa (Confraternita evangelica pentecostale d’Africa; PEFA) chiede di accogliere e supportare le persone LGBTQIA (lesbiche, gay, bisessuali, trans, queer, intersex e asessuali), mentre nel campo profughi di Kakuma, tra i più grandi del mondo, si continua a morire di omofobia: la struttura avrebbe una capienza di 70mila persone, ma ne ospita circa 200mila, di cui 300 sono rifugiati LGBTQIA.

Omicidio omofobo

Emigrato dall’Uganda al Kenya per sfuggire all’omofobia, Chriton “Trinidad” Atuhwera è morto il 12 aprile, vittima della stessa discriminazione dalla quale voleva salvarsi. Lo ha ucciso una molotov, lanciata da altri rifugiati il 15 marzo verso il blocco 13, quello che ospita la minoranza LGBTQIA. Le fiamme sono divampate rapidamente, distruggendo quelle che per molti rifugiati sono le loro case, insieme a oggetti e viveri. Chriton ha avuto la peggio, mentre un altro uomo, Jordan, è ricoverato in condizioni molto critiche.

Nel campo profughi di Kakuma, a nord-ovest del Kenya, si muore di omofobia da molto tempo. Lo scorso anno una rifugiata lesbica è stata stuprata mentre camminava tra le grandi tende del campo, un ragazzo gay si è suicidato e Reuters ha raccolto diverse testimonianze di violenze, minacce di morte, distruzione di alloggi. Le persone LGBTQIA nell’immenso campo vivono costantemente minacciate e impaurite da altri rifugiati, tant’è che i gestori hanno dovuto spostarle in un blocco specifico per garantirgli una protezione maggiore. È davvero triste pensare che, in un luogo in cui tutti sono fuggiti da una situazione difficile in cerca di una vita migliore, si debba temere la morte per mano del vicino.

mano stretta pugno neroFuori controllo

La situazione, denunciata ampiamente lo scorso anno, pare non essere migliorata. L’UNHCR (Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati), che gestisce il campo insieme al Segretariato per gli affari dei rifugiati del governo keniota, fatica a tenere sotto controllo la situazione, mentre esorta le autorità ad indagare sull’accaduto per individuare i responsabili.

Il direttore esecutivo di Amnesty International in Kenya, Irungu Houghton, sottolinea: “Fino a quando gli assassini di Atuhwera non siederanno in un tribunale e le misure di sicurezza del campo non miglioreranno, sia il governo del Kenya che l’UNHCR devono continuare a essere ritenuti responsabili per la mancanza di sicurezza che ha causato la sua morte“. Parole molto dure, quelle di Houghton, che aggiunge: “Offriamo le nostre più sentite condoglianze alla sua famiglia e ai suoi amici. La morte di Chriton poteva essere evitata. Chiediamo all’UNHCR e al Segretariato per gli affari dei rifugiati di garantire che tutti i rifugiati siano protetti indipendentemente dal loro orientamento sessuale”.

Preghiere trappole

Intanto John Okinda, vescovo della Pentecostal Evangelistic Fellowship of Africa della città di Migori, invita i fedeli a non discriminare le persone lesbiche, gay e atee, incoraggiando queste ultime a frequentare i luoghi di culto. Le persone omosessuali, afferma Okinda, devono essere amate e rispettate: “I nostri valori tradizionali, religiosi e culturali, giocano un ruolo importante in termini di accettazione delle lesbiche e dei gay, quindi le persone che amano Dio come loro salvatore devono accogliere questi gruppi come un gruppo di normali esseri umani“. Il vescovo promette pubblicamente di “accoglierli in chiesa e insegnargli le vie del nostro Signore. La Casa di Dio è il posto giusto dove questi gruppi possono veramente trovare amore, conforto e risposte“.

Fin qui appare tutto meraviglioso, se non fosse che il vescovo intende l’accettazione, il supporto e il sostegno alle persone omosessuali come un paziente processo volto a cambiare le loro “derive sessuali: “Questi gruppi vulnerabili, che sono tentati a cadere nella trappola dei cattivi comportamenti e delle idee non etiche che vanno contro la società e la Chiesa in generale, devono essere guidati bene sugli insegnamenti del nostro Santo Dio“. Pur predicando l’accettazione e l’inclusione delle persone omosessuali nella società, nelle famiglie e nella chiesa, Okinda gli consiglia di frequentare i luoghi di culto per cercare di cambiare la propria moralità, attraverso l’amore e la vicinanza di Dio e dei suoi fedeli.

Il vescovo fa appello ai genitori di omosessuali affinché, invece di rifiutarli, gli rimangano vicino nel tentativo di cambiare il loro comportamento. Okinda afferma che sarebbe necessario pregare nella speranza che Dio modifichi i comportamenti omosessuali perché “gli uomini dovrebbero sposare le donne: questo è ciò che la Bibbia ci insegna nella Prima lettera ai Corinzi”.

Ginevra Campaini
©2021 Il Grande Colibrì
immagini: elaborazioni da Takeaway (CC BY-SA 3.0) / da pxfuel (CC0)

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