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Ricordo bene mentre camminavano lungo Avenue Habib Bourguiba, la principale strada di Tunisi. Badr Baabou, un amico e una delle figure più importanti del movimento queer e per i diritti umani in Tunisia (premiato da Front Line Defenders nel 2019), quel giorno mi ha raccontato dei progetti che stava portando avanti con l’associazione Damj (Inclusione) e con altre realtà della società civile tunisina per la comunità LGBTQIA (lesbiche, gay, bisessuali, trans, queer, intersex e asessuali), per le donne, per le persone sexworker. Su quella via simbolo della rivoluzione, mi spiegava finalmente a voce (come mi aveva spiegato dal 2011 online) come la lotta per la democrazia e le libertà andava avanti, con tutte le speranze e le preoccupazioni. E tutti i pericoli.

È stato proprio lì, tra Avenue Habib Bourguiba e l’area pedonale di Rue de Marseille, che mercoledì quattro persone hanno aggredito Badr, a pochi passi da una pattuglia di poliziotti che non ha mosso un dito. Non che ci si potesse aspettare il contrario: pochi giorni prima proprio la polizia aveva contattato il padrone di casa dell’abitazione in cui vive l’attivista, per intimargli di rompere il contratto di affitto per non passare guai. L’aggressione è il culmine di una persecuzione che continua da anni e che diventa sempre più pesante. Nel 2018 sono entrati in casa sua per rubare documenti che riguardavano lui e Damj. E sono innumerevoli le volte che ha subito insulti, pressioni, minacce di morte.

Violenze in aumento

La persecuzione non tocca solo Badr Baabou, ma tutta l’associazione Damj e il movimento queer, soprattutto ora che le persone LGBTQIA (lesbiche, gay, bisessuali, trans, queer, intersex e asessuali) sono fortemente schierate con e dentro il movimento di giustizia sociale maturato nei quartieri popolari. Violenze, arresti e intimidazioni diventano sempre più frequenti, come ha denunciato la sociologa Abir Krefa in un articolo per Il Grande Colibrì che nel frattempo è diventato un comunicato sottoscritto da decine di organizzazioni. Recentemente un’attivista di Damj, Rania Amdouni, è stata condannata a sei mesi di carcere con l’accusa di attentato alla morale pubblica e oltraggio a pubblico ufficiale perché si è ribellata alle molestie di alcuni poliziotti.

vittoria movimento lgbt tunisia

Non mi faranno mai paura e non riusciranno mai a ridurmi al silenzio – dichiara Badr a Il Grande Colibrì – C’è gente che ha pagato con la vita, e io non sono meglio di loro“. Neppure Damj abbassa la testa: “Abbiamo la piena consapevolezza delle conseguenze che derivano dalle nostre scelte in difesa dei gruppi più vulnerabili e con meno diritti e libertà. Con un approccio intersezionale, ci battiamo contro ogni forma di oppressione, stigmatizzazione, discriminazione, violenza, stereotipizzazione, odio e violazione dei diritti umani, a partire dalla violenza istituzionale e dall’oppressione poliziesca“. E l’associazione rilancia, chiedendo dignità e giustizia sociale per tutt@ in Tunisia, per non “allontanarsi dalle conquiste fatte nel percorso rivoluzionario“.

Ancora rivoluzione

L’escalation di minacce e di violenze mostra evidentemente quanto la polizia e l’élite al potere abbiano sempre più paura che le proteste, che saldano insieme le richieste democratiche di sempre più gruppi (tra cui anche le minoranze sessuali), ottengano il loro risultato, che salti il tappo che imprigiona diritti e libertà nel paese, spazzando via i privilegi degli oppressori. Sono giorni molto cupi, ma gridare alla fine della rivoluzione non solo è sbagliato, ma serve unicamente a rafforzare chi non vuole il cambiamento, chi “vuole costruire i propri privilegi sulle nostre spalle“, come dice Badr.

Subiamo una violenza senza precedenti, è forse peggio che sotto il dittatore Zine El-Abidine Ben Ali, che abbiamo cacciato – ci dice ancora Badr Baabou – Ma noi agiamo sul terreno con le cittadine e i cittadini, siamo qui e non riusciranno a farci sloggiare nonostante la repressione. Sappiamo molto bene che, difendendo chi sta ai margini ed è in una situazione di vulnerabilità, saremo il bersaglio diretto della polizia e delle persone retrograde, ma restiamo qui, a testa alta, fieramente, prendendoci la responsabilità delle nostre scelte“.

Pier Cesare Notaro
©2021 Il Grande Colibrì
immagini: elaborazioni da Damj / da ouss94 (CC0)

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