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La settimana che precede il ramadan è un periodo strano, di conti morali, matematici, sentimentali, di continue chiamate da parte di mia madre per correggersi sulla data di inizio. Le bugie sono le uniche cose che non conto più. Lontano da casa, reggo il gioco da questo telefono. Mi rendo conto che quella che ho sulle spalle è una Schindler’s list di coming out non fatti con mia madre, che di anno in anno aumentano di numero, diventano radicali, un inventario che non si esaurisce. Ricordo dove, quando e perché ho aperto questo conto. I 14 anni.

A 14 anni mi prestai per la prima e unica volta a digiunare. Digiunai dal cibo, dall’acqua… ma non dai pensieri. Scoprii che il digiuno doveva essere anche di altro tipo: digiunare da qualsiasi appetito, anche quello sessuale. E fu così che scoprii che l’unica volta in cui avevo seriamente digiunato in vita mia, quei trenta giorni di strana luna, non avevano – in realtà – alcun valore.

Insomma, era l’età delle grandi e numerose pippe. Il mio pene si era messo in mezzo fra me, la tradizione, il rigore di mia madre e Dio. Mi aveva sabotato. Il mio pene mi aveva sabotato… però mi andava bene, era un digiunare senza credo, senza senso, fatto per evitare discussioni con quella buona donna di mia madre. Il mio pene, un Mosè liberatore che non mi sarei mai aspettato. E perdonate quel filino di blasfemia.

Mi presto quindi a un nuovo mese di gran teatro. Tempo addietro mi ero cimentato nell’elencare i miei coming out con mia madre. A distanza di due anni da quella lettera scritta per le pagine de Il Grande Colibrì, mi rendo decisamente conto di essere indebitato fino al collo. Passo fra una folla di altri debitori. Altri, come me, che si prestano a iniziare questo spettacolo teatrale itinerante. Noi drag queen del ramadan, sabotati o invitati dai nostri peni o dalle nostre vagine, dalla nostra morale, coscienza, giudizio, fede, filosofia, non interesse o pensiero, a volgere lo sguardo altrove e tirar su, con una cannuccia, uno spritz in pieno ramadan.

Come siamo tabù ancora, e mi rendo conto di essere il mio stesso carnefice, pur utilizzando la vita, la mia storia e a questo punto il mio stesso pene, per abbattere quei tabù.

Temo che mi toccherà una vita di coming out e, sulla scia di quella famosa lettera, ne ripropongo una più aggiornata, cara madre, forte forse del fatto che non mi leggerai mai, perché non sai leggere. Mosso fra vigliaccheria e coraggio, ecco a te, queste poche parole…

Madre, ti risulterà difficile trovarmi e leggere queste poche righe. Ma devo dirti ciò che forse già, seppur in piccola parte, conosci. Non digiuno da quando avevo 14 anni, tempo addietro avevo scoperto l’arte della masturbazione e questo non ha aiutato l’unico anno in cui ho seriamente digiunato.

Madre, sono un apostata felice. Lo sono seriamente.

Madre, studio persiano e non arabo.

Madre, ricordi quel politico che padre derideva per l’orecchino? Che poi aveva scoperto che fosse omosessuale? Sì, Vendola… Ecco, nel 2013, se ricordi, vi costrinsi a votarlo alle primarie e alle elezioni politiche… ma voi questo non lo sapete, perché non conoscete la scrittura, come bambini vi muovete fra disegni, segni, colori e immagini.

Madre, ricordi tutti quei viaggi fra Ancona, Fano, Roma, Milano, Bologna? Ecco, hai finanziato la mia formazione e il mio attivismo gay.

Madre, diffondo il verbo LGBTQIA dalle pagine de Il Grande Colibrì e tu costantemente sei una voce ricorrente. Mi odieresti per questo.

Madre, durante il mese di Ramadan dei miei 16 anni, quando padre mi costringeva ad andare con lui in moschea per la preghiera [non mi hanno maltrattato, tranquilli, ho subito lo stesso pressing religioso che subite voi per Pasqua o per la messa di Natale] ecco, non facevo le mie abluzioni e cantavo all’epoca “The edge of glory” di Lady Gaga, mentalmente. Gran pezzo.

Madre, ricordi quando in Marocco mia cugina, davanti a tutti, mi chiese se mi ero messo lo smalto trasparente? Beh, sì, era vero ed era il tuo smalto!

Madre, tu non lo sai, ma ho fatto coming out con te decine di volte, mentre stavi cucinando e io ti davo una mano: mi raccontavo in italiano, francese, inglese… Ma tu non conosci queste lingue e a me andava bene.

Madre, non sono l’unico in famiglia!

Madre, non ti ho mai ringraziato per avermi fatto conoscere meglio la cultura arabo/berbera, la tua ostinazione mi ha portato a studiare antropologia, anche se in realtà – come la maggior parte delle persone che me lo chiede – non hai la minima idea di cosa io studi davvero. L’antropologia, questa povera creatura disgraziata.

Madre, sei stata una scuola di pazienza.

Madre, sai che ho iniziato a lavorare durante il weekend, ti ho detto che faccio il barista ed è vero, ma faccio il barista in una sauna gay. Saresti sorpresa dall’enorme fauna di omosessuali arabi presenti.

Madre, ufficialmente non mi sono mai fidanzato, ma va bene così, sono un single felice. Le mie pene d’amore le riserverò per un’altra lettera.

Madre, hai permesso con i tuoi sacrifici i miei studi e le mie letture. A te devo la mia educazione al bello, al sentimento, alla lettura. La scoperta della poesia araba, e dell’arte.

Madre, mi diverte quando mi rimproveri perché vedi che ho come salvaschermo qualche Madonna di Raffaello o qualche Madonna orante del Sassoferrato, pensi subito che mi sia dato al cristianesimo ed è qui che mi rimprovero, nel non aver caparbiamente discusso con te sul senso del bello, nel non averti mai letto una poesia ad alta voce, nel non averti mai spiegato che cos’è una poesia o nel non averti mai mostrato un quadro, e tutta la matematica e la letteratura che c’è dietro.

E mi vengono solo in mente le parole di un poeta, Paolo Volponi, che riposa non lontano da casa.

Come voglio
Che mio padre legga
Le mie poesie.
Lui che ha la terra
Fra le unghie.
Stampate
Su bella carta bianca,
Grande da farci un cappuccio
Per il sole che scotta
In cima alle impalcature.

Madre, la libertà, questa parola così incompresa, ma di cui faccio così tesoro, è opera tua. È nata nella e dalla tua contestazione, ma la comprensione di essa si rinnova ogni anno, all’arrivo del ramadan. E in tutto questo, non c’è bisogno di dirti ciò che forse conosci già: “Ana mithly” (sono gay).

Buon ramadan madre, a te e a chi crede!

Anas Chariai
©2019 Il Grande Colibrì
foto: Il Grande Colibrì

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