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La condanna dell’omosessualità: la storia di Lot

La figura di Lot è presente sia nel Corano, sia nella Bibbia ma solo il primo dei due testi religiosi lo riconosce come profeta.

Nell’Antico Testamento, Lot fa la sua comparsa come nipote di Abramo e, secondo la Genesi, avrebbe seguito suo zio fino alla Terra Promessa, scegliendo di stanziarsi con il suo popolo nei pressi di Sodoma. Nella Genesi, il popolo di Lot viene più volte ricordato come perverso e costituito da peccatori, così che Dio decide di distruggerlo e con esso la città di Sodoma.

Abramo interviene, chiedendo a Dio di non scagliare la sua ira sulla città, qualora avesse trovato in essa almeno dieci uomini giusti. L’indomani a Sodoma furono inviati due angeli, che vennero accolti da Lot. Gli abitanti della città si radunarono attorno alla sua casa volendo abusare delle due creature angeliche. Lot per evitare un’azione così oltraggiosa, offre al popolo le sue due figlie vergini. Gli angeli lodarono il comportamento dell’uomo e gli offrirono la salvezza. Lot sarebbe dovuto fuggire da Sodoma, che sarebbe stata distrutta da Dio. Nella fuga, sua moglie, voltatasi per osservare la distruzione del popolo, venne trasformata in una statua di sale. I superstiti, alla ricerca di un riparo, si riunirono in una grotta. Le figlie di Lot, dopo essersi accorte di essere rimaste senza uomini, si preoccuparono di non poter generare progenie, così decisero di far ubriacare il loro padre per potersi accoppiare con lui. Dai rapporti incestuosi nacquero la dinastia degli Ammoniti e dei Moabiti.

Lo stesso Lot, nonostante l’episodio dell’incesto, viene definito nella seconda lettera di Pietro come un giusto, ragion per cui il resoconto biblico sulla sua figura sembra essere contraddittorio. Al contrario, il Corano risulta essere molto più preciso a proposito di come viene considerata la figura di Lot. È uno dei profeti di Dio, pertanto il testo sacro dell’Islam non condivide la parte del racconto riguardante i rapporti incestuosi. È un uomo pio, portatore del messaggio divino. Tra le due visioni sempre esserci un unico punto in comune: il popolo di Sodoma è costituito da peccatori.

La sessualità nel Corano e lo stigma dell'omosessualità

Questo elemento rientra perfettamente nel quadro delle storie profetiche inserite nel Corano. Infatti la storia di Lot è inserita nel testo in modo analogo alle storie di altri profeti, molti dei quali vengono citati accanto a Lot stesso. La dinamica descritta nel testo è la stessa per tutti i messaggeri divini: è presente un popolo di peccatori, tra i quali interviene il profeta inviato da Dio con lo specifico compito di ammonirli a non peccare e trasmettere loro il messaggio divino. Il più delle volte, il popolo non presta attenzione a questo segno divino, conseguentemente Dio interviene con la sua ira, salvando unicamente il profeta. Si può, quindi, notare che il popolo miscredente che ignora i segni divini è una sorta di topos del Corano. Ma c’è di più, al popolo di Lot viene più volte recriminato un peccato specifico: accostarsi “lussuriosamente” agli uomini anziché alle donne. E da questo elemento nasce il collegamento tra il fenomeno dell’omosessualità e la gente di Lot. Andando anche ad influire direttamente sul linguaggio, infatti come già precedentemente indicato, il termine omosessualità viene tradotto con il termine arabo liwāṭ.

Appare evidente che, se si cerca di oltrepassare l’aspetto della condanna all’omosessualità, la colpa più grave di cui il popolo di Lot si macchia è quella di non aver colto i segni dell’inviato di Dio, di essersi presi gioco degli angeli e di aver considerato menzogna il messaggio divino. In una parola: la miscredenza. Contro questa il Corano polemizza in numerosi punti.
Nell’economia coranica le storie dei profeti hanno funzione didattica. Comunicano al lettore una determinata morale: Dio punirà coloro che non seguono il suo messaggio, facendo prosperare i credenti. Una volta distrutte le città degli empi il messaggio divino continuerà a farsi strada nel mondo.
Tuttavia, la discussione che nasce attorno alla storia di Lot si concentra sulla condanna all’omosessualità. Lo studio che viene compiuto è di carattere esegetico, quindi particolarmente incentrato sull’analisi della terminologia utilizzata. Come segnalato da alcune studiose italiane quali Jolanda Guardi, Anna Vanzan e Serena Tolino esistono degli specifici termini, che indicano i peccati commessi dal popolo di Lot, che sono stati interpretati, nei commentari coranici, come strettamente legati alla condanna dell’omosessualità, che viene quindi intesa come peccato.

Uno di questi è il termine šahwa, che troviamo in riferimento alla gente di Lot in numerose Sūre, ad esempio quella del limbo e quella della formica. Questo termine viene tradotto come desiderare ardentemente, bramare qualcosa e può essere riferito ad una pulsione sessuale, di conseguenza diventerebbe “lussuria, libidine”. Tuttavia il termine non compare nel testo riferendosi solo e unicamente a un’attività di carattere sessuale. Ciononostante, nei vari commentari coranici è identificato come sodomia, sebbene questa traduzione non renda giustizia al senso più ampio del termine.

Un esempio analogo può essere fornito dal termine fāḥša, tradotto come turpitudine, quindi in modo piuttosto generico. Si può osservare che questo vocabolo in numerosi commentari coranici diventa esplicitamente riferito a rapporti sessuali tra persone dello stesso sesso. Talvolta lo si può trovare tradotto come “men’s behinds” e ciò lo lega inequivocabilmente al rapporto omosessuale, negando però quella che è la complessità del termine. Quindi, l’analisi esegetica tradizionale e fortemente dogmatica dei passi del Corano riferiti alla gente di Lot costituisce, senza dubbio, una base delle fondamenta su cui si costruisce la narrazione anti-omosessuale.

Per quanto riguarda l’aspetto strettamente legato alle azioni del popolo di Lot, sono stati diversi i casi di musulmani che si sono pronunciati in maniera contraria rispetto all’idea di pensare l’omosessualità come causa della punizione divina al popolo di Sodoma.
Ad esempio, l’imam Daayiee Abdullah ha avanzato l’ipotesi che quella che viene, erroneamente, considerata omosessualità della gente di Lot è, in realtà, violenza sessuale. Si tratta di atti omosessuali utilizzati come forma di abuso e di tortura verso gli innocenti, per affermare determinati meccanismi di potere. Allo stesso modo anche l’imam franco-algerino Ludovic-Mohamed Zahed afferma che, molto probabilmente, queste azioni considerate turpi dal Corano, non hanno nulla a che vedere con l’omosessualità consensuale, vengono infatti identificati come stupri rituali legati ad alcuni culti pagani, ancora in uso ai tempi della primissima comunità islamica.

 

Elettra Maria Nicoletti (fb|ig)
©2022 Il Grande Colibrì

 

 

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