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In Sudan, dopo la rivolta che ha cacciato dal potere il colonnello Omar al-Bashir dopo trent’anni di governo, la transizione verso la democrazia sembra ancora molto problematica, forse anche a causa di una sproporzionata fetta di potere ancora in mano all’esercito. Tra i tantissimi problemi che l’inizio della transizione democratica sembra non avere la forza di risolvere, ci sono il rispetto per tutti i generi e gli orientamenti sessuali. In particolare alcuni episodi recentissimi hanno focalizzato l’attenzione sulla cultura dello stupro che sembra pervadere il paese, in ogni sua regione.

A scatenare le proteste di piazza e sui social è stata una brutale aggressione a una ragazza nella capitale, Khartoum, avvenuta l’ultimo giorno dell’anno scorso in una strada molto trafficata: bloccata nel traffico da altre auto la donna è stata minacciata con coltelli e violentata da un gruppo di una ventina di uomini creatosi sul momento. La notizia è tuttavia emersa dopo qualche giorno, anche perché la vittima non sembra aver sporto denuncia, e si è sommata ad altri episodi avvenuti nei giorni successivi, tra cui lo stupro di una bambina di 9 anni da parte di un membro dell’intelligence militare, che fortunatamente è stato arrestato, a differenza di molti altri violentatori.

Le donne si ribellano

Se però fino a oggi l’incessante ripetersi di fatti come questi sembrava destinato a ripetersi senza fine, ora le donne, che sono state uno dei motori della protesta che ha posto fine al regime di al-Bashir, hanno deciso che va segnato un altro punto nel processo di riforme dello stato: durante un sit-in davanti al ministero della giustizia di Khartoum, organizzato dall’Iniziativa rivoluzionaria delle donne sudanesi, hanno consegnato al ministro un memorandum per modificare la legge su violenza e molestie, considerata poco chiara e incisiva.

mani insanguinate sangue violenzaParallelamente gli hashtag #ItsNotOk (Non va bene) e نحنا_معاكي# (Siamo con te) hanno avuto grande diffusione sui social del paese, mostrando una solidarietà piuttosto elevata anche da parte di molti uomini. D’altra parte la cultura legata al “com’era vestita la vittima” e agli altri luoghi comuni (“non ha urlato”, “non è scappata”) sembra ancora essere maggioritaria tra i maschi del paese e denunciare una violenza è considerato spesso un disonore.

Serve una nuova legge

Rayan Mohamed, del movimento che ha promosso i sit-in davanti al ministero (un altro in contemporanea si è svolto nel nord del Darfur, di fronte alla corte di Al-Fashir), ha sottolineato l’aumento degli episodi di violenza contro le donne e lo stupro di ragazze e ragazzi. Ha spiegato che le donne sono vittime di vari tipi di crimini, ma spesso non sono in grado di presentare una denuncia per paura del biasimo dell’opinione pubblica.

Anche per questo è sempre più necessaria una nuova legge, più chiara e che riporti definizioni dettagliate di molestie verbali, molestie fisiche, stalking, controllo, telefonate e altri tipi di comportamento aggressivo, ma soprattutto che punisca con maggiore forza gli autori di questi crimini. Nel paese che nel 2020 ha reso illegale la mutilazione genitale femminile, ha abolito la pena di morte per omosessualità e per apostasia, ha tolto il divieto di consumare alcolici per i non musulmani, l’obbligo del velo e la fustigazione pubblica, c’è ancora tanto bisogno di fare riforme.

Michele Benini
©2021 Il Grande Colibrì
immagini: elaborazioni da Fatima exceptional (CC BY-SA 4.0) / da NeosIam 2020 (CC0)

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