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Le calciatrici della nazionale camerunese sono chiamate “leonesse indomabili”, ma la carriera della più nota tra loro è ormai probabilmente distrutta per sempre a causa di un semplice video. Gaëlle Deborah Enganamouit, proclamata miglior giocatrice africana nel 2015, a giugno di quest’anno è diventata team manager della nazionale femminile, ma il 4 novembre ha dato le dimissioni. Il giorno dopo è finita al centro di uno scandalo: qualcuno ha pubblicato online foto e video in cui la sportiva fa sesso con un’altra ragazza, la figlia del musicista Jean Philippe Ahanda.

Da allora Enganamouit non si è fatta più sentire, ma secondo il sito Sportsglitz sarebbe fuggita in Francia. In Camerun, infatti, la donna rischia di essere condannata per aver avuto un rapporto omosessuale, un reato per cui, ai sensi dell’articolo 347-1 del codice penale, potrebbe essere reclusa in carcere da sei mesi a cinque anni. Oltre ai problemi giudiziari, la sportiva rischia la sua stessa incolumità: tutto il paese parla di lei e si va dalle “raffinate” osservazioni del noto gesuita Ludovic Lado, che ha scritto: “Dio ha creato il cetriolo perché fosse mangiato!“, alle vere e proprie minacce di morte.

Voci controcorrente

Il coro delle condanne, però, è tutt’altro che unanime. Lo si visto bene quando Jean Philippe Ahanda ha annunciato che avrebbe fatto una diretta Facebook contro la coppia lesbica: se è vero che alcune persone lo hanno incoraggiato, è altrettanto vero che molte di più gli hanno risposto che avrebbe fatto meglio a stare zitto e lo hanno invitato a non gettare benzina sul fuoco. E non poche voci si sono sollevate per condannare non la calciatrice e la sua ormai ex fidanzata (che l’ha pubblicamente ripudiata e ha presentato le sue scuse…), ma chi le attacca.

hate speech omofobia transfobiaL’importante studioso Jean-Claude Shanda Tonme, per esempio, ha scritto: “Parlare di Gaëlle, ditele che quel che ha fatto non è il miglior modo di onorare la nostra società, i nostri valori, i nostri figli. Ma soprattutto non uccidetela, non gettatela nella gabbia dei leoni, perché vicino a voi, lontano da voi e dentro di voi dormono altrettante derive“. Sulla stessa linea si è espresso il noto attivista politico Martin Tajo: “Sono fondamentalmente contrario a questa pratica, ma allo stesso tempo mi oppongo al fatto di esporre la nudità delle donne sui social media, perché può essere un trauma per questa ragazza che ha dato tanto alla nazione camerunese, può causarle problemi psichici gravi“.

Maximilienne Ngo Mbe, direttrice del Réseau des Défenseurs des Droits Humains en Afrique Centrale (Rete dei difensori dei diritti umani in Africa centrale; REDHAC), ha preso una posizione molto più coraggiosa ed esplicita, con una dichiarazione priva di qualsiasi pregiudizio e ipocrisia: “Essere lesbica è normale, essere omosessuale è normale. Essere eterosessuale è normale. Essere bisessuale o transgender è normale. Non è un abominio. Quello che non è normale è il fatto di voler costringere al silenzio con un ricatto una persona perché ha denunciato violazioni dei diritti“.

Lotta per il potere

E in effetti una buona parte del pubblico sembra interessata, più che alle valutazioni morali sul rapporto sessuale filmato, al rapporto tra le dimissioni di Gaëlle Deborah Enganamouit e la pubblicazione del video. Nel momento in cui si è dimessa, la calciatrice ha spiegato di averlo fatto a causa di comportamenti scorretti da parte di Seidou Mbombo Njoya, presidente uscente della Federcalcio camerunese. Molte persone sospettano, invece, che abbia deciso di farlo o che sia stata costretta a farlo proprio perché si sapeva che sarebbe circolato il video dello scandalo.

C’è, però, chi pensa che la pubblicazione del video non sia il motivo delle dimissioni, ma al contrario la loro conseguenza. Il quadro è quello della lunga guerra che stanno combattendo Seidou Mbombo Njoya e l’ex interista Samuel Eto’o per controllare il calcio camerunese. Enganamouit è un’alleata di Eto’o e le sue accuse e dimissioni sono state un duro colpo per la fazione di Njoya. Secondo alcune ipotesi, con il video l’attuale presidente della Federcalcio si sarebbe vendicato e soprattutto sarebbe riuscito a distogliere l’attenzione dalle possibili denunce della calciatrice.

calcio pallone calzettoni arancioniBufale e omofobia

Oltre a queste ricostruzioni che si basano su elementi molto concreti, il web ci regala tesi complottiste completamente folli. Alcuni media, per esempio, accusano Gaëlle Deborah Enganamouit di essere a capo di una potentissima rete satanista, a cui aderirebbero altre sportive, cantanti, personalità del mondo dell’arte e dello spettacoli e persino ministri. Altri sostengono che la calciatrice avrebbe creato un quartiere generale lesbico nella capitale Yaoundé, in cui organizzava gigantesche orge in cui riusciva a coinvolgere ragazze e bambine del quartiere.

Lo scandalo e queste storie assurde non stanno distruggendo solo la vita di Enganamouit, ma stanno anche rilanciando la caccia alle streghe LGBTQIA+ (lesbiche, gay, bisessuali, transgender, queer, intersessuali e asessuali) in Camerun, paese in cui quest’anno l’omobitransfobia stava già colpendo più violentemente del solito: ad aprile Human Rights Watch aveva espresso serie preoccupazioni per il “nuovo aumento della persecuzione anti-LGBT in Camerun“, elencando una lunga serie di arresti arbitrari e di abusi. Prendersela con le minoranze sessuali è il miglior modo per conquistarsi un po’ di pubblicità, come dimostra la recente denuncia contro Total, accusata di “promuovere l’omosessualità nel paese” attraverso un logo “dai colori LGBT” (sic!).

Intanto, a caccia di scoop e immagini “compromettenti”, alcuni media accusano di lesbismo persino la figlia del presidente autoritario Paul Biya. Questo scandalo è evidentemente ancora in fase di costruzione, ma è significativo anche qui il timing: le accuse sono partite quando la ragazza ha accusato sul web i genitori di averla sequestrata in un hotel di Ginevra, con il consenso delle autorità svizzere, e di farla violentare dalle guardie. Nel marasma della disinformazione incrociata, non si può che sentirsi disorientatə.

 

Pier Cesare Notaro 
©2021 Il Grande Colibrì
immagini: elaborazioni da Happiraphael (CC BY-SA 4.0) / Il Grande Colibrì / da David Boozer (CC0)

 

Pier Cesare Notaro: “Antifascista, attivista per i diritti delle persone LGBTQIA e delle persone migranti, dottore di ricerca in scienze politiche, mi sono interessato da subito ai temi dell’intersezionalità” > leggi tutti i suoi articoli

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