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Alternatives-Cameroun (ACM) è una associazione camerunense nata nel 2006 in un contesto di forti violenze e discriminazioni verso la comunità LGBTQIA+ (lesbiche, gay, bisessuali, trans, queer, intersex e asessuali). ACM cerca di agire nel settore sanitario e su molti altri fronti: ha allestito un centro di accesso medico che fornisce accoglienza, ascolto, informazione e cura per le infezioni sessualmente trasmissibili, come HIV ed epatiti; gestisce campagne per il rispetto dei diritti umani; fornisce supporto e assistenza alle vittime di violenza basata sull’orientamento sessuale e sull’identità di genere; fa attività di advocacy e lobbying con enti nazionali statali e non statali, regionali e internazionali.

Ultimamente ACM sta tenendo vari workshop rivolti alla polizia sulla protezione delle persone LGBTQIA+. Abbiamo parlato con Julie Ngando, responsabile dell’Unità genere e diritti umani dell’associazione, per capire meglio di cosa si tratta e in che modo l’organizzazione riesce a portare avanti determinate attività in un paese altamente omobitransfobico e pericoloso come il Camerun.

Forte omobitransfobia

Sappiamo bene quanto parlare di omosessualità in questo paese sia molto difficile. I rapporti tra persone dello stesso sesso sono ancora un crimine stabilito dall’articolo 347-1 del codice penale, che lo punisce con una multa e la reclusione da 6 mesi a 5 anni. “Questo articolo, insieme all’articolo 84 della legge sulla criminalità informatica e la sicurezza informatica, penalizza severamente la pratica dell’omosessualità – ci spiega Ngando – Queste due disposizioni creano un clima di omofobia nei confronti delle persone LGBTQIA+, le quali subiscono qualsiasi tipo di atto omofobico. Tutti usano questa legge per discriminare e fare violenza contro questa comunità“.

A tal proposito – aggiunge Ngando – nel 2020 abbiamo contribuito alla produzione di un report annuale su violenze e violazioni, registrandone 2.031. È un numero in continua crescita”. Infatti una ricerca di Humanity First Cameroon e Alternatives-Cameroun aveva registrato 578 casi di violenza omobitransfobica nel 2017, 1.134 nel 2018 e 1.380 nel 2019.

donna nera violenza razzismoObiettivi mascherati

Per questa ragione le associazioni LGBTQIA+ in Camerun fanno molta fatica a rimanere operative. Esse, afferma Ngando, “in qualche modo mascherano la loro vera ragion d’essere. Esistono, svolgono attività, ma, quando si tratta esclusivamente di attività legate al tema LGBTQIA+, sono costrette a camuffarle. Gli ostacoli sono le predisposizioni legali sull’omosessualità, i pregiudizi delle persone, le tradizioni, i costumi e la diretta negazione del permesso se l’attività riguarda chiaramente persone LGBTQIA+”. Ricordiamo infatti l’irruzione della polizia nell’organizzazione Colibri, una realtà che fornisce servizi di prevenzione e trattamento dell’HIV.

Naturalmente tali ostacoli hanno influenzato anche i workshop di Alternatives-Cameroun, ci spiega Ngando: “L’approccio che usiamo è il diritto alla salute. Stiamo usando la lotta contro l’HIV come trampolino di lancio. Evitiamo l’approccio diretto incentrato sui diritti umani perché di fronte a questo argomento se ne terrebbero alla larga. L’approccio incentrato sull’accesso alla salute è più digeribile”. Evidentemente, per parlare di omosessualità e questioni LGBTQIA+ è più facile usare l’approccio della salute pubblica, in cui si può far leva sulla difesa della salute di popolazioni “a rischio” come strumento per tutelare quella di tutta la popolazione.

Workshop con la polizia

Decidere di svolgere seminari sulle persone LGBTQIA+ destinati alla polizia e ai funzionari giudiziari in Camerun è estremamente importante, ma è anche un tema delicato, da affrontare con le dovute accortezze, dato che i destinatari del training non sono affatto amichevoli con le persone LGBTQIA+. La polizia camerunense perpetra contro di loro violenze di ogni tipo, sia durante gli arresti sia all’interno delle centrali e delle carceri. Tra gli innumerevoli arresti, per lo più arbitrari, si documentano, oltre a estorsioni di denaro, violenze psicologiche e fisiche terribili, fino ad arrivare a vere e proprie torture anche istituzionalizzate, come i test anali richiesti dai pubblici ministeri.

I workshop, ci racconta Ngando, sono “incontri di advocacy e sensibilizzazione con le forze dell’ordine, durante i quali parliamo di diritti umani e li invitiamo a rispettare scrupolosamente le leggi nell’esercizio della propria funzione, garantendo la tutela delle minoranze. Questi workshop si svolgono nelle stazioni di polizia e durano solo poche ore”.

poliziotto nero armato pistolaUn bilancio positivo

Il parere dell’associazione rispetto a queste giornate di formazione è alquanto positivo: “Questi workshop ci hanno permesso in pochi mesi di creare partnership con agenti e persino stazioni di polizia. La loro importanza deriva dal fatto che questi poliziotti, una volta sensibilizzati, mostrano più umanità e professionalità nel loro lavoro”. Alcuni effetti, secondo Ngando, sono stati quasi immediati: “Ci sono stati casi in cui, in alcuni commissariati, gli agenti di polizia hanno rassicurato le persone LGBTQIA+, e soprattutto transgender, che potevano venire a farsi redigere la carta d’identità nelle loro strutture. Questi laboratori hanno aperto alcune porte che, non molto tempo fa, erano ancora molto chiuse. E ciò ha ridotto gli arresti arbitrari”.

In un paese in cui la depenalizzazione dell’omosessualità appare ancora lontana e solo poche realtà o persone (per esempio la nota avvocata Alice Nkom) riescono a difendere le persone LGBTQIA+, un progetto simile rivolto alla polizia è un’altra forte dimostrazione di speranza e coraggio.

Pressioni internazionali

Questi seminari sono stati organizzati per rispondere alla raccomandazione contenuta nell’ultima Revisione Periodica Universale (UPR) dei diritti umani in Camerun, secondo la quale il paese dovrebbe proteggere le persone vulnerabili da ogni forma di violenza. L’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani ha stabilito che la criminalizzazione dell’omosessualità viola il Patto internazionale sui diritti civili e politici (ICCPR) e la Commissione africana sui diritti umani ha affermato che il principio di non discriminazione si riferisce anche all’orientamento sessuale. Nonostante ciò, il Camerun non ha mai dato segnali di cambiamento.

Intanto, in vista dell’elezione dei 18 membri del Consiglio per i diritti umani dell’Assemblea generale dell’ONU, in cui anche il Camerun è candidato, sia il presidente statunitense Joe Biden che Louis Charbonneau, direttore di Human Rights Watch presso le Nazioni Unite, hanno denunciato le violazioni dei diritti umani nel paese africano. Secondo Charbonneau, “eleggere gravi violatori di diritti, come il Camerun, l’Eritrea e gli Emirati Arabi Uniti, invia il terribile segnale che gli stati membri delle Nazioni Unite non prendono sul serio la missione fondamentale del Consiglio: proteggere i diritti umani“.

Il capo di stato americano, invece, ha espressamente parlato delle persone LGBTQIA+: “Dobbiamo tutti difendere i diritti delle persone LGBTQIA+ in modo che possano vivere e amare apertamente e senza paura, che si tratti della Cecenia, del Camerun o di qualsiasi altra nazione“. Ha inoltre affermato che non c’è posto nelle Nazioni Unite per chi calpesta la dignità umana.

Ginevra Campaini
©2021 Il Grande Colibrì
immagini: elaborazioni da Happiraphael (CC BY-SA 4.0) / da Matthew Henry (CC0) / Il Grande Colibrì

 

Ginevra Campaini: “Mi chiamo Ginevra e non sopporto gli stereotipi delle categorie maschile e femminile. Scrivo per imparare, capire e condividere quello che succede a me e alle persone LGBT+ nel mondo” > leggi tutti i suoi articoli

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