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“Bhinneka Tunggal Ika” (Unione nella diversità): è questo il motto dell’Indonesia, il paese al mondo col maggior numero di abitanti musulmani, prevalentemente sunniti. Il paese è veramente vasto (1,904,569 chilometri quadrati e più di 261 milioni di abitanti) ed estremamente vario.

Un paese poliedrico

All’interno dell’arcipelago transcontinentale vengono professate moltissime religioni, in particolare a quella musulmana si affiancano cristianesimo, induismo e buddhismo (il più grande tempio buddhista del mondo si trova in Indonesia). Nel paese convivono più di 300 gruppi etnici distinti, e vengono parlate più di 700 lingue differenti, inoltre l’Indonesia è il paese col più alto tasso di abitanti trilingui.

Non passa di certo inosservato ai visitatori il fatto che a Giacarta, la capitale del paese, si trovino, a pochi passi dal Monumento Nazionale, la Cattedrale della metropoli e la monumentale Moschea Istiqlal. I due grandi centri di culto sono lì da anni, posti uno davanti all’altro a simboleggiare che il motto del paese non è solo parole al vento, ma che ha un significato concreto, che si traduce nella convivenza (seppur non sempre facile) in un unico arcipelago di tutte queste sfumature di diversità etnica, religiosa e linguistica.

Un’escalation di omofobia

L’Indonesia, inoltre, ha mostrato anche una relativa tolleranza nei confronti delle minoranze sessuali, non avendo mai proibito penalmente l’omosessualità in età moderna: un esempio è la prima scuola coranica per persone transgender, aperta a Yogyakarta, che purtroppo nel 2016 era stata costretta a chiudere, ma che ha riaperto e resiste nonostante le pressioni.

Negli ultimi anni, infatti, il motto nazionale è stato snaturato da una rapida escalation di odio e violenze contro uomini e donne omosessuali, bisessuali o transessuali, purtroppo anche da parte della polizia e delle istituzioni, il cui compito dovrebbe essere invece quello di proteggere indiscriminatamente tutti.

Inoltre, sebbene l’omosessualità sia teoricamente legale, questa viene pesantemente censurata, giustificando così la diffidenza nei confronti delle persone LGBTQIA (lesbiche, gay, bisessuali, trans, queer, intersex e asessuali). E soprattutto i rapporti omosessuali vengono ancora puniti in certe zone fondamentaliste del paese, con pene che possono prevedere la detenzione in carcere o addirittura punizioni corporali come le frustate. Ciò avviene in certe circoscrizioni dell’isola di Sumatra, e più precisamente nella città di Palembang e nella provincia semi-autonoma di Aceh, in cui vige la legge della sharia.

No alla criminalizzazione

Tutto ciò ha portato al rischio concreto che l’omosessualità venisse criminalizzata in tutto il paese, con petizioni proposte a tal merito che fortunatamente sono state ignorate dal governo. E non è tutto, poiché c’è anche chi avrebbe addirittura voluto proporre la pena di morte.

Alla fine questa bolla di omofobia sembra essere finalmente esplosa, poiché il 31 maggio di quest’anno il governo indonesiano ha rimosso le parole “dello stesso sesso” da una proposta di legge contro la fornicazione: con queste parole la legge sarebbe passata alla storia come la prima del paese a criminalizzare direttamente i rapporti omosessuali, mentre così sarà applicata tanto agli eterosessuali quanto ai gay, senza alcuna discriminazione.

Una vittoria LGBTQIA?

G.M., uno studente della città di Bandung (Giava occidentale), spiega il significato di questa decisione: “È dalla fine del 2017 che parte della politica locale cerca di far passare una petizione che di fatto avrebbe criminalizzato i rapporti omosessuali, ma da allora varie organizzazioni e attivisti LGBTQIA hanno lottato affinché ciò non avvenisse. Ora praticamente la situazione è più o meno niente sesso fuori dal matrimonio per nessuno, LGBTQIA o etero“.

Aggiunge poi: “È la prima volta che i diritti LGBTQIA hanno ‘vinto’, perché il governo non ha discriminato espressamente le minoranze sessuali, e tutto ciò grazie alle proteste e all’attivismo“. La cosa può sembrare assurda, perché comunque il governo si sta mostrando sempre più sessuofobo, ma per G.M. invece questa è una notizia molto positiva: “La verità è che molti indonesiani fanno sesso fuori dal matrimonio e ciò non viene considerato un grande problema: non possono di certo arrestarli tutti! Una fetta della politica ha cercato di criminalizzarci, ma ha fallito. Noi crediamo che sia un buon segno“.

Spiega poi come la situazione sia già in leggero miglioramento: “Per questo ho detto che abbiamo ‘vinto’, perché per ora non è più come nel 2016/17, quando la polizia continuava a violare il nostro diritto alla privacy. La polizia faceva irruzione nelle case e arrestava le persone sospettate di essere gay, anche se queste non avevano avuto rapporti omosessuali. Ciò avveniva anche a causa del pregiudizio secondo cui una persona è gay solo se ha già avuto rapporti omosessuali. Per il momento la situazione sembra essere tranquilla, non ci sono state retate e perquisizioni anti-gay di recente“.

Non ci resta quindi che sperare che la situazione si sia stabilizzata e che gli indonesiani ricordino sempre il loro motto, rispettando sempre tutte le diversità che unite rendono meraviglioso il loro paese.

Giovanni Gottardo
©2018 Il Grande Colibrì
foto:  Il Grande Colibrì

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